Con queste azioni e incertitudini si finí l'anno mille cinquecento sette. Ma nel principio dell'anno mille cinquecento otto, non potendo quietarsi gli ingegni mobili de' bolognesi, Annibale ed Ermes Bentivogli, avendo intelligenza con certi giovani de' Peppoli e altri nobili della gioventú, si accostorono allo improviso a Bologna; il quale movimento non fu senza pericolo perché i congiurati avevano già, per mettergli dentro, occupato la porta di san Mammolo: ma essendosi il popolo messo in arme in favore dello stato ecclesiastico, i giovani spaventati abbandonorono la porta, e i Bentivogli si ritirorno. Il quale insulto mitigò piú tosto che accendesse l'animo del pontefice contro al re di Francia; perché il re, dimostrando essergli molestissimo questo insulto, comandò a Ciamonte che qualunque volta fusse di bisogno soccorresse con tutte le genti d'arme alle cose di Bologna, né permettesse che i Bentivogli fussino piú ricettati in parte alcuna del ducato di Milano. De' quali era in quegli dí morto Giovanni per dolore di animo, non assueto, innanzi fusse cacciato di Bologna, a sentire l'acerbità della fortuna, essendo stato prima, lungo tempo, felicissimo di tutti i tiranni d'Italia ed esempio di prospera fortuna; perché in spazio di quaranta anni ne' quali dominò ad arbitrio suo Bologna (nel qual tempo, non che altro, non sentí mai morte di alcuno de' suoi) aveva sempre avuto, per sé e per i figliuoli, condotte provisioni e grandissimi onori da tutti i príncipi d'Italia, e liberatosi sempre con grandissima facilità da tutte le cose che se gli erano dimostrate pericolose: della quale felicità pareva che principalmente fusse debitore alla fortuna, oltre alla opportunità del sito di quella città, perché secondo il giudicio comune non gli era attribuita laude né di ingegno né di prudenza né di valore eccellente.
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