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      E nel medesimo tempo uscí verso Roveré il marchese di Brandiborgo con cinquecento cavalli e dumila fanti pure de' medesimi paesi. Tornò il seguente dí Brandiborgo, non avendo fatto altro effetto che presentatosi a Roveré e dimandato invano d'essere alloggiato dentro; ma Cesare, entrato nella montagna di Siago, le radici della quale si approssimano a dodici miglia a Vicenza, pigliate le terre de' Sette Comuni, che cosí denominati abitano nella sommità della montagna con molte esenzioni e privilegi de' viniziani, e spianate molte tagliate che per difendersi e impedirgli il cammino avevano fatte, vi condusse alcuni pezzi d'artiglieria: donde, aspettandosi a ogn'ora piú prosperi successi, il quarto dí che era partito da Trento, ritornò subito a Bolzano, terra piú lontana che Trento da' confini d'Italia; avendo ripieno di sommo stupore, per tanta o inconsiderazione o incostanza, gli animi di ciascuno. Eccitò questo principio tanto debole gli animi de' viniziani; e però, avendo già soldato molti fanti, chiamorno a Roveré le genti franzesi che col Triulzio erano a Verona, e cominciate a fare maggiori preparazioni stimolavano il re di Francia a fare il medesimo: il quale venendo verso Italia inviava innanzi a sé cinquemila svizzeri pagati da lui e tremila che si pagavano da' viniziani; perché quella nazione, non avendo potuto Massimiliano dargli danari, si era senza rispetto voltata finalmente agli stipendi del re. E nondimeno non vollono i svizzeri, poiché furono mossi e pagati, andare nel dominio viniziano, allegando non volere servire contro a Cesare in altro che nella difesa dello stato di Milano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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