Pratica fra il re di Francia, Ferdinando d'Aragona e i fiorentini riguardo a Pisa.
Posate che furono l'armi per la tregua fatta, il re di Francia, parendogli che l'animo de' fiorentini non fusse stato sincero verso lui, ma piú tosto inclinati a Cesare se alle cose sue si fusse dimostrato principio di prosperi successi, e sapendo non procedere da altro che dal desiderio di recuperare in qualunque modo Pisa, e dallo sdegno che egli, non attendendo né alla divozione né alle opere loro, non solo non gli avesse favoriti né con l'autorità né coll'armi ma tollerato che da' genovesi sudditi suoi fussino aiutati, deliberò di pensare che con qualche onesto modo ottenessino il desiderio loro. Ma volendo, secondo i disegni primi, farlo con utilità propria, e sperando essere migliore mezzo a tirargli a somma maggiore il timore che la speranza, mandò Michele Riccio a lamentarsi: che avessino mandato uomini propri per convenire con Cesare suo inimico; che avendo sotto colore di dare il guasto a' pisani congregato esercito potente senza avere rispetto alle condizioni de' tempi e de' sospetti e pericoli suoi, né avendo voluto in sí grave moto che si preparava dichiarare mai perfettamente l'animo loro, aveano dato a lui causa non mediocre di dubitare a che fine tendessino queste preparazioni; che a lui che gli aveva ricercati che con le genti loro gli dessino aiuti in pericoli tanto gravi avessino dinegato di farlo, fuora d'ogni sua espettazione: e nondimeno, che per l'amore che avea sempre portato alla loro republica, e per la memoria delle cose che per il passato aveano fatte in beneficio suo, era parato a rimettere queste ingiurie nuove, pure che, per rimuovere le cagioni per le quali si sarebbe potuta turbare la quiete d'Italia, non molestassino piú in futuro senza consentimento suo i pisani.
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