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      Stabilita in questa forma la nuova confederazione, ma tenendosi quanto si poteva secreto quel che apparteneva a viniziani, il cardinale di Roano si partí il dí seguente da Cambrai, mandati prima a Cesare il vescovo di Parigi e Alberto Pio conte di Carpi per ricevere da lui la ratificazione in nome del re di Francia; il quale senza dilazione ratificò e confermò con giuramento, colle solennità medesime colle quali era stata fatta la publicazione nella chiesa di Cambrai. Con questi semi di gravissime guerre finí l'anno mille cinquecent'otto.
      È certo che questa confederazione, con tutto che nella scrittura si dicesse intervenirvi il mandato del papa e del re d'Aragona, fu fatta senza mandato o consentimento loro, persuadendosi Cesare e il re cristianissimo che avessino a consentire, parte per l'utilità propria parte perché, per la condizione delle cose presenti, né l'uno né l'altro di essi alla loro autorità ardirebbe repugnare: e massimamente il re d'Aragona, al quale benché fusse molesta questa capitolazione (perché temendo che non si augumentasse troppo la grandezza del re di Francia anteponeva la sicurtà di tutto il reame di Napoli alla recuperazione della parte posseduta da' viniziani), nondimeno, ingegnandosi di dimostrare con la prontezza il contrario di quello che sentiva nello animo, ratificò con le solennità medesime subitamente.
      Maggiore dubitazione era nel pontefice, combattendo in lui, secondo la sua consuetudine, da una parte il desiderio di ricuperare le terre di Romagna e lo sdegno contro a' viniziani e dall'altra il timore del re di Francia; oltre che, essere pericoloso per sé e per la sedia apostolica giudicava che la potenza di Cesare cominciasse in Italia a distendersi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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