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      Doversi in tutte le cose publiche considerare diligentemente i princípi, perché non era poi in potestà degli uomini partirsi, senza sommo disonore e pericolo, dalle deliberazioni già fatte e nelle quali si era perseverato lungo tempo. Avere i padri loro ed essi successivamente atteso in tutte l'occasioni ad ampliare l'imperio, con scoperta professione di aspirare sempre a cose maggiori: di qui essere divenuti odiosi a tutti, parte per timore parte per dolore delle cose tolte loro. Il quale odio benché si fusse conosciuto molto innanzi potere partorire qualche grande alterazione, nondimanco non si erano però né allora astenuti da abbracciare l'occasioni che se gli offerivano, né ora essere rimedio a' presenti pericoli cominciare a cedere parte di quello possedevano; conciossiaché non per questo si quieterebbono, anzi si accenderebbeno, gli animi di chi gli odiava, pigliando ardire dalla loro timidità: perché essendo titolo inveterato, già molti anni, in tutta Italia che il senato viniziano non lasciava giammai quel che una volta gli era pervenuto nelle mani, chi non conoscerebbe che il fare ora cosí vilmente il contrario procederebbe da ultima disperazione di potersi difendere dai pericoli imminenti? Cominciando a cedere qualunque cosa benché piccola, declinarsi dalla riputazione e dallo splendore antico della loro republica; onde augumentarsi grandemente i pericoli. Ed essere piú difficile, senza comparazione, conservare, eziandio da' minori pericoli, quel che rimane, a chi ha cominciato a declinare che non è a chi, sforzandosi di conservare la degnità e il grado suo, si volge prontamente, senza fare segno alcuno di volere cedere, contra chi cerca di opprimerlo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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