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      E oltre a questo, per ottenere da lui con qualunque condizione la pace, gli mandorono con somma celerità imbasciadore Antonio Giustiniano; il quale, ammesso in publica udienza al cospetto di Cesare, parlò miserabilmente e con grandissima sommissione: ma invano, perché Cesare recusava di fare senza il re di Francia convenzione alcuna. Non mi pare alieno dal nostro proposito, acciò che meglio si intenda in quanta costernazione d'animo fusse ridotta quella republica, la quale già piú di dugento anni non avea sentito avversità pari a questa, inserire la propria orazione avuta da lui innanzi a Cesare, trasferendo solamente le parole latine in voci volgari; le quali furono in questo tenore:
      - È manifesto e certo che gli antichi filosofi e gli uomini principali della gentilità non errorono, quando quella essere vera, salda, sempiterna e immortale gloria affermorono la quale si acquista dal vincere se medesimo: questa esaltorono sopra tutti i regni trofei e trionfi. Di questo è laudato Scipione maggiore, chiaro per tante vittorie; e piú splendore gli dette che l'Africa vinta e Cartagine domata. Non partorí questa cosa medesima la immortalità a quel macedone grande? quando Dario vinto da lui in una battaglia grandissima pregò gli dèi immortali che stabilissino il suo regno, ma se altrimenti avessino disposto non chiese altro successore che questo tanto benigno inimico tanto mansueto vincitore. Cesare dittatore, del quale tu hai il nome e la fortuna, del quale tu ritieni la liberalità la munificenza e l'altre virtú, non meritò egli di essere descritto nel numero degli dèi per concedere per rimettere per perdonare?


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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