Il senato finalmente e il popolo romano, quello domatore del mondo, il cui imperio è in terra in te solo e in te si rappresenta la sua amplitudine e maestà, non sottopose egli piú popoli e provincie con la clemenza con la equità e mansuetudine che con le armi o con la guerra? Le quali cose poi che sono cosí, non sarà numerata trall'ultime laudi se la Maestà tua, che ha in mano la vittoria acquistata de' viniziani, ricordatasi della fragilità umana, saprà moderatamente usarla, e se piú inclinerà agli studi della pace che agli eventi dubbi della guerra. Perché quanta sia la incostanza delle cose umane, quanto incerti i casi, quanto dubbio mutabile fallace e pericoloso lo stato de' mortali, non è necessario mostrare con esempli forestieri o antichi: assai e piú che abbastanza lo insegna la republica viniziana, la quale poco innanzi florida risplendente chiara e potente, in modo che 'l nome e la fama sua celebrata non stesse dentro a' confini della Europa ma con pompa egregia corresse per l'Africa e per l'Asia, e risonando facesse festa negli ultimi termini del mondo, questa, per una sola battaglia avversa e ancora leggiera, privata della chiarezza delle cose fatte, spogliata delle ricchezze, lacerata conculcata e rovinata, bisognosa di ogni cosa, massime di consiglio, è in modo caduta che sia invecchiata la imagine di tutta l'antica virtú, e raffreddato tutto il fervore della guerra. Ma ingannansi, senza dubbio ingannansi i franzesi, se attribuiscono queste cose alla virtú loro; conciossiaché per il passato, travagliati da maggiore incomodità, percossi e consumati da grandissimi danni e ruine, non rimessono mai l'animo, e allora potissimamente quando con grande pericolo facevano guerra molti anni col crudelissimo tiranno de' turchi; anzi sempre di vinti diventorono vincitori.
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