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      La quale varietà, se però è possibile in uno principe tanto instabile ritrovarne la verità, molti attribuivano a sospetto stillatogli (come per natura era molto credulo) negli orecchi da altri; alcuni interpretando che, per avere seco poca corte e poca gente, non gli paresse potersi presentare con quella dignità e riputazione che si paragonasse alla pompa e alla grandezza del re di Francia. Ma il re, desideroso per alleggerirsi da tanta spesa, di dissolvere presto lo esercito, né meno di ritornarsene presto in Francia, non attesa questa proposta, si voltò verso Milano, ancora che da Matteo Lango, doventato episcopo Gurgense, che mandatogli da Massimiliano per questo effetto lo seguitò insino a Cremona, fusse molto pregato ad aspettare, promettendogli che senza fallo alcuno ritornerebbe. Il discostarsi la persona e l'esercito del re cristianissimo da' confini di Cesare tolse assai di riputazione alle cose sue; e nondimeno, con tutto che avesse seco tante genti che potesse facilmente provedere Padova e l'altre terre, non vi mandò presidio, o per instabilità della natura sua o per disegno di attendere prima ad altre imprese o perché gli paresse piú onorevole avere congiunto seco, quando scendeva in Italia, maggiore esercito: anzi, come se le prime cose avessino avuto la debita perfezione, proponeva che colle forze unite di tutti i confederati, si assaltasse la città di Vinegia; cosa udita volentieri dal re di Francia, ma molesta al pontefice e contradetta apertamente dal re di Aragona.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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