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      La quale speranza mancata, né entrando piú in Pisa se non piccolissima quantità di grani, e quegli occultamente e con grandissimo pericolo di quei che ve gli conducevano, né comportando i fiorentini che di Pisa uscissino bocche disutili, perché facevano vari supplíci a coloro che ne uscivano, si comperavano con prezzo smisurato le cose necessarie al vivere umano; e non ve ne essendo tante che bastassino a tutti, molti già si morivano per non avere da alimentarsi. E nondimeno era maggiore di tanta necessità l'ostinazione di quegli cittadini che erano capi del governo; i quali, disposti a vedere prima l'ultimo esterminio della patria che cedere a sí orribile necessità, andavano di giorno in giorno differendo il convenire, ingegnandosi di dare alla moltitudine ora una speranza ora un'altra; e sopratutto che, aspettandosi a ogni ora Cesare in Italia, sarebbono i fiorentini necessitati a discostarsi dalle loro mura. Ma una parte de' contadini, e quegli massime che, stati a Piombino, avevano compreso quale fusse l'animo loro, fatta sollevazione gli costrinse a introdurre nuove pratiche co' fiorentini: le quali trattate con Alamanno Salviati, commissario di quella parte dello esercito che alloggiava a San Piero in Grado, dopo varie dispute, usando continuamente quegli medesimi ogni possibile diligenza per interrompere, si conchiuse. E nondimeno la concordia fu fatta con condizioni molto favorevoli per i pisani: conciossiaché fussino rimessi loro non solo tutti i delitti fatti ma ancora concesse molte esenzioni, rimessi tutti i debiti publici e privati, e assoluti dalla restituzione de' beni mobili de' fiorentini che avevano rapiti quando si ribellorono.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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