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      Adunque a tanta e a sí gloriosa patria, stata moltissimi anni antimuro della fede, splendore della republica cristiana, mancheranno le persone de' suoi figliuoli e de' suoi cittadini? e ci sarà chi rifiuti di mettere in pericolo la propria vita e de' figliuoli per la salute di quella? la quale contenendosi nella difesa di Padova, chi sarà quello che neghi di volere personalmente andare a difenderla? E quando bene fussimo certissimi essere bastanti le forze che vi sono, non appartiene egli all'onore nostro, non appartiene egli allo splendore del nome viniziano, che e' si sappia per tutto il mondo che noi medesimi siamo corsi prontissimamente a difenderla e conservarla? Ha voluto il fato di questa città che in pochi dí sia caduto delle mani nostre tanto imperio: nella quale cosa non abbiamo da lamentarci tanto della malignità della fortuna (perché sono casi comuni a tutte le republiche a tutti i regni) quanto abbiamo cagione di dolerci che, dimenticatici della costanza nostra stata insino a quel dí invitta, che perduta la memoria di tanti generosi e gloriosi esempli de' nostri maggiori, cedemmo con troppo subita disperazione al colpo potente della fortuna; né fu per noi rappresentata a' figliuoli nostri quella virtú che era stata rappresentata a noi da' padri nostri. Torna ora a noi l'occasione di recuperare quello ornamento, non perduto, se noi vorremo essere uomini, ma smarrito; perché andando incontro alla avversità della fortuna, offerendoci spontaneamente a' pericoli, cancelleremo la infamia ricevuta; e vedendo non essere perduta in noi l'antica generosità e virtú, si ascriverà piú tosto quel disordine a una certa fatale tempesta (alla quale né il consiglio né la costanza degli uomini può resistere) che a colpa e vergogna nostra.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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