E avendo il re notizia che il cardinale di Aus nipote di Roano e gli altri che trattavano le cose sue nella corte di Roma avevano temerariamente, e con parole e con fatti, atteso piú a esacerbare che a mitigare come sarebbe stato necessario la mente del pontefice, non volendo usare piú l'opera loro, mandò in poste a Roma Alberto Pio conte di Carpi, persona di grande spirito e destrezza; al quale furono date amplissime commissioni, non solo di offerirgli in tutti i casi e desideri suoi le forze e autorità del re, e usare seco tutti i rispetti e i riguardi che fussino piú secondo la mente e la natura sua, ma oltre a questo di comunicargli sinceramente lo stato di tutte le cose che si trattavano e le richieste fattegli dal re de' romani, e di rimettere finalmente in arbitrio suo il passare o non passare in Italia, l'aiutare piú lentamente o piú prontamente le cose di Cesare.
Fu commesso al medesimo che dissuadesse l'assoluzione de' viniziani; ma questa, alla venuta sua, era già deliberata e promessa dal pontefice, avendo i viniziani, poi che tra i deputati dal pontefice e gli oratori loro fu disputato molti mesi, consentito alle condizioni sopra le quali si faceva la difficoltà, perché non vedevano altro rimedio alla salute loro che l'essere congiunti seco. Furono, il vigesimoquarto dí di febbraio, lette nel concistorio le condizioni colle quali si doveva concedere l'assoluzione, presenti gli oratori viniziani e confermandole, col mandato autentico della loro republica, per instrumento.
| |
Aus Roano Roma Roma Alberto Pio Carpi Italia Cesare
|