Per la ritirata del quale, i vicentini del tutto abbandonati e impotenti per se stessi a difendersi, non rimanendo loro altra speranza che la misericordia del vincitore, e confidando potere piú facilmente ottenerla per mezzo di Ciamonte, mandorono a dimandargli salvocondotto per mandare imbasciadori a lui e al principe di Anault; il quale ottenuto, si presentorono in abito miserabile e pieni di mestizia e di spavento innanzi all'uno e l'altro di loro, che erano al Ponte a Barberano propinquo a dieci miglia a Vicenza. Ove, presenti tutti i capitani e persone principali degli eserciti, il capo della legazione parlò, secondo si dice, cosí:
- Se fusse noto a ciascuno quello che la città di Vicenza, invidiata già per le ricchezze e felicità sua da molte città vicine, ha patito, poiché, piú per errore e stoltizia degli uomini e forse piú per una certa fatale disposizione che per altra cagione, ritornò sotto il dominio de' viniziani, e i danni infiniti e intollerabili che ha ricevuto, ci rendiamo certissimi, invittissimi capitani, che ne' petti vostri sarebbe maggiore la pietà delle nostre miserie che lo sdegno e l'odio per la memoria della ribellione: se ribellione merita d'essere chiamata lo errore di quella notte, nella quale, essendo spaventato il popolo nostro, perché lo esercito inimico aveva per forza espugnato il borgo della Postierla, non per ribellarsi né per fuggire lo imperio mansueto di Cesare ma per liberarsi dal sacco e dagli ultimi mali delle città, uscirono fuora imbasciadori ad accordarsi con gli inimici; movendo sopratutto gli uomini nostri, non assuefatti all'armi e a' pericoli della guerra, l'autorità del Fracassa; il quale, capitano esperimentato in tante guerre e soldato di Cesare, o per fraude o per timore (il che a noi non appartiene di ricercare), ci consigliò che mediante l'accordo provedessimo alla salute delle donne e figliuoli nostri e della nostra afflitta patria.
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