Vicenza, città antica e chiara, e già piena di tanta nobiltà, è in mano tua; da te aspetta la sua conservazione o la sua distruzione, la sua vita o la sua morte. Muovati la pietà di tante persone innocenti, di tante infelici donne e piccoli fanciulli i quali, quella calamitosa notte e piena di insania e di errori, non intervennono a cosa alcuna; e i quali ora con pianti e lamenti miserabili aspettano la tua deliberazione. Manda fuora quella voce, tanto desiderata, di misericordia e di clemenza; per la quale, risuscitata, la infelicissima patria nostra ti chiamerà sempre suo padre e suo conservatore. -
Non potette orazione sí miserabile, né la pietà verso la infelice città, mitigare l'animo del principe di Analt in modo che, pieno di insolenza barbara e tedesca crudeltà, non potendo temperarsi che le parole fussino manco feroci che i fatti, non facesse inumanissima risposta; la quale per suo comandamento fu pronunziata da uno dottore suo auditore, in questa sentenza:
- Non crediate, o ribelli vicentini, che le lusinghevoli parole vostre sieno bastanti a cancellare la memoria dei delitti commessi in grandissimo vilipendio del nome di Cesare: alla cui grandezza e alla benignità con la quale vi aveva ricevuto non avendo rispetto alcuno, comunicato insieme da tutta la città di Vicenza il consiglio, chiamaste dentro l'esercito viniziano; il quale avendo con grandissima difficoltà sforzato il borgo, diffidando di potere vincere la città, pensava già di levarsi; chiamastelo contro alla volontà del principe che rappresentava l'imperio di Cesare, costrignestelo a ritirarsi nella fortezza; e pieni di rabbia e di veleno saccheggiaste l'artiglierie e la munizione di Cesare, laceraste i suoi padiglioni, spiegati da lui in tante guerre e gloriosi per tante vittorie.
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