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      Erano nell'esercito veneto ottocento uomini d'arme tremila cavalli leggieri, la maggiore parte stradiotti, e diecimila fanti, oltre a quantità grandissima di villani; e in Verona erano trecento lancie spagnuole, cento tra tedesche e italiane, piú di quattrocento lancie franzesi, millecinquecento fanti pagati dal re, e quattromila tedeschi, non piú sotto il principe di Analt morto non molti giorni avanti; e il popolo veronese di mala disposizione contro a' tedeschi aveva l'armi in mano, cosa nella quale aveano sperato molto i viniziani: la cavalleria leggiera de' quali, nel tempo medesimo, passando l'Adice a guazzo sotto Verona, scorreva per tutto il paese. Batteva con grande impeto la muraglia l'artiglieria de' viniziani, ancora che l'artiglieria piantata dentro da' franzesi e coperta co' suoi ripari facesse a quegli di fuora, che non erano riparati, gravissimo danno: da uno colpo della quale essendo state levate le natiche a Lattanzio da Bergamo, uno de' piú stimati colonnelli de' fanti viniziani, morí fra pochi giorni. Finalmente, avendo fatto maraviglioso progresso l'artiglieria di fuora e rovinata una parte grande del muro insino al principio della scarpa e battute tutte le cannoniere in modo che l'artiglierie di dentro non potevano piú fare effetto alcuno, non stavano i tedeschi senza timore di perdere il castello, ancora che bene riparato; alla perdita del quale perché non fusse congiunta la perdita della città, disegnavano, in caso di necessità, ritirarsi a certi ripari i quali avevano fatti in luogo propinquo, per battere subito co' loro cannoni, quali già v'avevano tutti piantati, la facciata di dentro del castello, sperando aprirla in modo che gli inimici non potessino fermarvisi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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