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      Perché il re consentiva di abbandonare la protezione del duca di Ferrara, se non direttamente, per onore suo, almanco indirettamente, rimettendola di giustizia ma in giudici che avessino pronunziato secondo la volontà del pontefice; il quale, come fu certo di potere ottenere questo, aggiunse volere che oltre a questo lasciasse libera Genova: procedendo in queste cose con tanta pertinacia che nessuno, eziandio de' suoi piú intrinsechi, ardiva di parlargli in contrario; anzi, tentato per ordine del re dallo oratore de' fiorentini, si alterò maravigliosamente; ed essendo venuto a lui per altre faccende uno uomo del duca di Savoia, e offerendo che il suo principe, quando gli piacesse, si intrometterebbe in qualche pratica di pace, proruppe in tanta indegnazioneche, esclamando che era stato mandato per spia non per negoziatore, lo fece sopra questo incarcerare ed esaminare con tormenti. E finalmente, diventando ogni dí piú feroce nelle difficoltà e non conoscendo né impedimenti né pericoli, risoluto di fare ogni opera possibile per pigliare Ferrara e omettere per allora tutti gli altri pensieri, deliberò di trasferirsi personalmente a Bologna, per strignere piú con la sua presenza e dare maggiore autorità alle cose, e accrescere la caldezza de' capitani inferiore allo impeto suo; affermando che a espugnare Ferrara gli bastavano le forze sue e de' viniziani: i quali, temendo che alla fine, disperato di buono successo, non si concordasse col re di Francia, si sforzavano di persuadergli il medesimo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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