Da altra parte il re di Francia, già certo per tante esperienze dell'animo del pontefice contro a sé, e conoscendo essere necessario provedere che non sopravenissino allo stato suo nuovi pericoli, deliberò di difendere il duca di Ferrara, stabilire quanto poteva la congiunzione con Cesare, e col consentimento suo perseguitare con l'armi spirituali il pontefice; e sostentate le cose insino alla primavera, passare allora in Italia personalmente con potentissimo esercito, per procedere o contro a' viniziani o contro al pontefice, secondo lo stato delle cose. Perciò, proponendo a Cesare non solo di muoversi altrimenti che per il passato contro a' viniziani ma ancora di aiutarlo, secondo si sapeva essere suo antico desiderio, a occupare Roma e tutto lo stato della Chiesa come appartenente di ragione allo imperio, e similmente tutta Italia, dal ducato di Milano, Genova, lo stato de' fiorentini e del duca di Ferrara in fuora, lo indusse facilmente nella sentenza sua; e specialmente che si chiamasse, con l'autorità di ambidue e delle nazioni germanica e franzese, a uno concilio universale; non essendo senza speranza che, per non avere ardire di discostarsi dalla volontà sua e di Cesare, concorrerebbe al medesimo il re di Aragona e la nazione spagnuola: alla qual cosa si aggiugneva un altro grandissimo fondamento, che molti cardinali italiani e oltramontani di animo ambizioso e inquieto promettevano di farsene scopertamente autori. Per ordinare queste cose aspettava il re con sommo desiderio la venuta del vescovo Gurgense, destinato a sé da Cesare; ma in questo mezzo, per dare principio alla instituzione del concilio e levare di presente al pontefice l'ubbidienza del suo reame, aveva fatto convocare tutti i prelati di Francia, che a mezzo settembre convenissino nella città di Orliens.
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