Insuccesso de' pontifici.
Eransi le genti viniziane, non comportando la propinquità degli inimici assaltare Ferrara, fermate al Bondino, e tra Cento e il Finale l'ecclesiastiche e le spagnuole; le quali, con tutto che fusse passato il termine de' tre mesi, soprasedevano a' prieghi del pontefice. Da altra parte Ciamonte, raccolto l'esercito, superiore agli inimici di fanti, superiore ancora per la virtú degli uomini da cavallo ma inferiore di numero, consultava quello fusse da fare; e proponevano i capitani franzesi che, congiunte all'esercito le genti del duca di Ferrara, si andasse a trovare gli inimici, i quali benché fussino alloggiati in luoghi forti si doveva sperare con la virtú dell'armi e coll'impeto dell'artiglierie avergli facilmente a costrignere a ritirarsi; e succeduto questo, non solamente rimaneva Ferrara liberata da ogni pericolo ma si ricuperava interamente la riputazione perduta insino a quel dí. Allegavasi, per la medesima opinione, che nel passare con l'esercito per il mantovano si rimoverebbono le scuse del marchese, e gli impedimenti da' quali affermava essere stato ritenuto a non pigliare l'armi come feudatario di Cesare e soldato del re; e che la dichiarazione sua era molto utile alla sicurtà di Ferrara e molto nociva in questa guerra agli inimici, perdendone comodità non piccole gli eserciti de' viniziani di vettovaglie di ponti e di passi di fiumi, e perché il marchese incontinente rivocherebbe i soldati che aveva nel campo della Chiesa. Ma in contrario consigliava il Triulzio, il quale ne' dí medesimi che la Mirandola si perdette era ritornato di Francia; dimostrando essere pericoloso il cercare di assaltare nella fortezza de' suoi alloggiamenti l'esercito degli inimici, pernicioso il sottomettersi a necessità di procedere dí per dí secondo i processi loro.
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