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      Ma come, occupata che ebbe la Mirandola, vedde Ciamonte uscito potente alla campagna, e che a lui ritornavano le medesime difficoltà e spese della difesa di Modona, omessa la disputazione delle parole, consentí che nello instrumento si dicesse, restituirsi Modona a Cesare della cui giuridizione era: la possessione della quale come Vitfrust, oratore di Cesare appresso al papa, ebbe ricevuta, persuadendosi dovere essere sicura per l'autorità cesarea, licenziò Marcantonio Colonna e le genti con le quali l'avea prima guardata in nome della Chiesa: e a Ciamonte significò, Modona non appartenere piú al pontefice ma essere giustamente ritornata sotto il dominio di Cesare. Non credette Ciamonte questo essere vero, e però stimolava il cardinale da Esti all'esecuzione del trattato che diceva avere in quella città: per ordine del quale, i soldati franzesi che Ciamonte aveva lasciati alla guardia di Rubiera, essendosi una notte accostati piú tacitamente potettono a uno miglio appresso a Modona, si ritirorno la notte medesima a Rubiera, non corrispondendo gli ordini dati da quegli di dentro, o per qualche difficoltà sopravenuta o perché i franzesi si fussino mossi innanzi al tempo. Uscirono dipoi un'altra notte di Rubiera per accostarsi pure a Modona, ma dalla grossezza e furore dell'acque furno impediti di passare il fiume della Secchia che corre innanzi a Rubiera. Dalle quali cose insospettito Vitfrust, avendo fatti incarcerare alcuni modonesi, incolpati che macchinassino col cardinale da Esti, impetrò dal pontefice che Marcantonio Colonna col me


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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