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      E quando pure non ne succedesse quel che ragionevolmente ne doveva succedere, non per questo rimanere privato della facoltà di muovere, al tempo determinato e coll'opportunità medesime, la guerra: anzi, essendo egli il capo di tutti i príncipi cristiani e avvocato della Chiesa, augumentarsi molto le giustificazioni ed esaltarsi assai da questo consiglio la gloria sua; perché a tutto il mondo manifestamente apparirebbe avere principalmente desiderato la pace e l'unione de' cristiani, ma averlo costretto alla guerra l'ostinazione e perversi consigli degli altri. Furno capaci a Cesare le ragioni addotte dal re cattolico, e perciò nel tempo medesimo scrisse al pontefice e al re di Francia. Al pontefice, avere deliberato di mandare il vescovo Gurgense in Italia, perché, come conveniva a principe religioso, e per la degnità imperiale avvocato della Chiesa e capo di tutti i príncipi cristiani, aveva statuito procurare quanto potesse la tranquillità della sedia apostolica e la pace della cristianità; e confortare lui che, come apparteneva a vicario vero di Cristo, procedesse con la medesima intenzione, acciò che, non facendo quel che era ufficio del pontefice, non fusse costretto egli a pensare a' rimedi necessari per la quiete de' cristiani. Non approvare che e' trattasse di privare i cardinali assenti della degnità del cardinalato, perché non si essendo assentati per maligni pensieri né per odio contro a lui non meritavano tale pena; né appartenere al papa solo la privazione de' cardinali.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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