Ricordargli oltre a questo, essere cosa molto indegna e inutile creare in tante turbazioni cardinali nuovi, come similmente gli era proibito per i capitoli fatti da' cardinali nel tempo della sua elezione al pontificato; esortandolo a riservare tal cosa a tempo piú tranquillo, nel quale non arebbe o necessità o cagione di promuovere a tanta degnità se non persone approvatissime per prudenza per dottrina e per costumi. Al re di Francia scrisse che, sapendo la inclinazione che sempre avea avuta alla pace onesta e sicura, avea deliberato di mandare a Mantova il vescovo Gurgense a trattare la pace universale, alla quale credeva con fondamenti non leggieri che il pontefice, l'autorità del quale erano costretti a seguitare i viniziani, fusse inclinato; il medesimo prometterebbono gli oratori del re d'Aragona; e che perciò lo ricercava che egli similmente vi mandasse imbasciadori con ampio mandato: i quali come fussino congregati, Gurgense richiederebbe il pontefice che facesse il medesimo, e in caso lo denegasse se gli denunzierebbe in nome di tutti il concilio: mandando che per procedere con maggiore giustificazione e porre fine alle controversie di tutti, Gurgense udirebbe le ragioni di tutti; ma che, in qualunque caso, tenesse per certo che giammai co' viniziani non farebbe concordia alcuna se nel tempo medesimo non si terminassino col pontefice le differenze sue.
Fu grata questa cosa al pontefice, non a fine di pace o di concordia ma perché, persuadendosi potere disporre il senato viniziano a comporsi con Cesare, sperava che Cesare liberato per questo mezzo dalla necessità di stare unito col re di Francia si separerebbe da lui; onde agevolmente potrebbe contro al re nascere congiunzione di molti príncipi.
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