Ma questa improvisa deliberazione fu molestissima al re di Francia; perché, non avendo speranza che ne avesse a risultare la pace universale, giudicava che il minore male che ne potesse succedere sarebbe interporre lunghezza all'esecuzione delle cose convenute da sé con Cesare. Temeva che il pontefice, promettendo a Cesare di aiutarlo acquistare il ducato di Milano e a Gurgense la degnità del cardinalato e altre grazie ecclesiastiche, non l'alienasse da lui; o almeno, essendo mezzo che la composizione co' viniziani non fusse piú favorevole a Cesare, mettesse lui in necessità d'accettare la pace con inonestissime condizioni. Accrescevagli il sospetto l'essersi Cesare confederato di nuovo co' svizzeri, benché solamente a difesa. Persuadevasi, il re cattolico essere stato autore a Cesare di questo nuovo consiglio; della cui mente sospettava grandemente per molte cagioni. Sapeva che l'oratore suo appresso a Cesare si era affaticato e affaticava scopertamente per la concordia tra Cesare e i viniziani: credeva che occultamente desse animo al pontefice, nell'esercito del quale erano state le genti sue molto piú tempo che quello che per i patti della investitura del regno di Napoli era tenuto: sapeva che, per impedire l'azioni sue, si opponeva efficacemente alla convocazione del concilio; e sotto specie d'onestà dannava palesemente che, ardendo Italia di guerre, e con la mano armata, si trattasse di fare una opera che senza la concordia di tutti i príncipi non poteva partorire altro che frutti velenosissimi: aveva notizia prepararsi da lui nuovamente in mare una armata molto potente, e con tutto che publicasse di volere passare in Affrica personalmente non si poteva però sapere se ad altri fini si preparava.
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