Parlò dopo l'udienza publica col pontefice privatamente, nella medesima sentenza e con la medesima alterezza: alle quali parole e dimostrazioni accompagnò, il seguente dí, fatti non meno superbi. Perché avendo il pontefice, con suo consentimento, diputati a trattare seco tre cardinali, San Giorgio, Regino e quel de' Medici, i quali aspettandolo all'ora che erano convenuti di essere insieme, egli, come se fusse cosa indegna di lui trattare con altri che col pontefice, mandò a trattare con loro tre de' suoi gentiluomini, scusandosi di essere occupato in altre faccende: la quale indegnità divorava insieme con molt'altre il pontefice, vincendo la sua natura l'odio incredibile contro a' franzesi.
Ma nella concordia tra Cesare e i viniziani, della quale cominciò a trattarsi prima, erano molte difficoltà. Perché se bene Gurgense, il quale aveva dimandato prima tutte le terre, consentisse alla fine che a loro rimanessino Padova e Trevigi con tutti i loro contadi e appartenenze, voleva che in ricompenso dessino a Cesare quantità grandissima di danari; che da lui in feudo le riconoscessino, e le ragioni dell'altre terre gli cedessino: le quali cose erano nel senato ricusate; ove tutti unitamente conchiudevano piú utile essere alla republica (poi che aveano talmente fortificate Padova e Trevigi che non temevano di perderle) conservarsi i danari; perché, se mai passava questa tempesta, potrebbe offerirsi qualche occasione che facilmente recupererebbono il loro dominio. Da altra parte il pontefice ardeva di desiderio convenissino con Cesare, sperando che da questo avesse a succedere che egli si alienasse dal re di Francia; però gli stimolava, parte con prieghi parte con minaccie, che accettassino le condizioni proposte.
| |
San Giorgio Regino Medici Cesare Gurgense Padova Trevigi Cesare Padova Trevigi Cesare Francia
|