Ma era minore appresso a loro la sua autorità, non solamente perché conoscevano da quali fini procedesse tanta caldezza ma perché, sapendo quanto gli fusse necessaria la compagnia loro in caso non si riconciliasse col re di Francia, tenevano per certo che mai gli abbandonerebbe. Pure, da poi che fu disputato molti dí, rimettendo il vescovo Gurgense qualche parte della sua durezza e i viniziani cedendo piú di quel che aveano destinato alla instanza ardentissima del pontefice, interponendosi medesimamente gli oratori del re d'Aragona, che a tutte le pratiche intervenivano, pareva che finalmente fussino per convenire; pagando i viniziani, per ritenersi con consentimento di Cesare Padova e Trevigi, ma in tempi lunghi, quantità grandissima di danari.
Rimaneva la causa della riconciliazione tra 'l pontefice e il re di Francia, tra i quali non appariva altra controversia che per le cose del duca di Ferrara; la quale Gurgense per risolvere (perché Cesare senza questa aveva deliberato non convenire) andò a parlare al pontefice, al quale rarissime volte era stato; persuadendosi, per le speranze avute dal cardinale di Pavia e dagli oratori del re cattolico, dovere essere materia non difficile, perché da altra parte sapeva, il re di Francia, avendo minore rispetto alla degnità che alla quiete, essere disposto a consentire molte cose di non piccolo pregiudicio al duca. Ma il pontefice, interrompendogli quasi nel principio del parlare il ragionamento, cominciò per contrario a confortarlo che, concordando co' viniziani, lasciasse pendenti le cose di Ferrara; lamentandosi che Cesare non conoscesse l'occasione paratissima di vendicarsi, con l'altrui forze e danari, di tante ingiurie ricevute da' franzesi, e che aspettasse d'essere pregato di quel che ragionevolmente doveva con somma instanza supplicare.
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