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      Ma ritenendolo da consentire il rispetto di Bologna, rispose: che non difendeva una città contumace e rebelle della Chiesa, sotto il cui dominio e ubbidienza si reggeva come per moltissimi anni aveva fatto innanzi al pontificato di Giulio; il quale non doverrebbe ricercare piú della autorità con la quale l'aveano tenuta i suoi antecessori: medesimamente, il concilio pisano essere stato introdotto con onestissimo e santissimo proposito di riformare i disordini notori e intollerabili che erano nella Chiesa; alla quale, senza pericolo di scisma o di divisione, facilmente si restituirebbe l'antico splendore se il pontefice, come era giusto e conveniente, convenisse a quel concilio. Soggiugnendo, che la inquietudine sua e l'animo acceso alle guerre e agli scandoli aveva costretto lui a obligarsi alla protezione di Bologna; e però, per l'onore suo, non volere mancare altrimenti di difenderla che mancherebbe al difendere la città di Parigi.
      Dunque il pontefice, rimossi tutti i pensieri dalla pace, per gli odii e appetiti antichi, per la cupidità di Bologna, per lo sdegno e timore del concilio e finalmente per sospetto, se differisse piú a deliberare, di essere abbandonato da tutti, perché già i soldati spagnuoli, dimostrando d'avere a passare in Affrica, cominciavano a Capri a imbarcarsi, deliberò di fare la confederazione trattata col re cattolico e col senato viniziano: la quale fu il quinto dí di ottobre publicata solennemente, presente il pontefice e tutti i cardinali, nella chiesa di Santa Maria del popolo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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