Altri, considerando forse piú intrinsecamente la sostanza delle cose né si lasciando abbagliare gli occhi dallo splendore del nome, temevano che le guerre che si cominciavano con intenzione di liberare Italia da' barbari nocerebbono molto piú agli spiriti vitali di questo corpo che non aveano nociuto le cominciate con manifesta professione e certissima intenzione di soggiogarla; ed essere cosa piú temeraria che prudente lo sperare che l'armi italiane, prive di virtú, di disciplina, di riputazione, di capitani di autorità, né conformi le volontà de' príncipi suoi, fussino sufficienti a cacciare di Italia il vincitore; al quale quando mancassino tutti gli altri rimedi non mancherebbe mai la facoltà di riunirsi co' vinti a ruina comune di tutti gli italiani: ed essere molto piú da temere che questi nuovi movimenti dessino occasione di depredare Italia a nuove nazioni che da sperare che, per l'unione del pontefice e de' viniziani, s'avessino a domare i franzesi e gli spagnuoli. Avere da desiderare Italia che la discordia e consigli malsani de' nostri príncipi non avessino aperta la via d'entrarvi all'armi forestiere; ma che, poi che per la sua infelicità due de' membri piú nobili erano stati occupati dal re di Francia e dal re di Spagna, doversi riputare minore calamità che amendue vi rimanessino, insino a tanto che la pietà divina o la benignità della fortuna conducessino piú fondate occasioni (perché dal fare contrapeso l'un re all'altro si difendeva la libertà di quegli che ancora non servivano) che il venire tra loro medesimi alle armi; per le quali, mentre durava la guerra, si lacererebbono, con depredazioni con incendi con sangue e con accidenti miserabili, le parti ancora intere, e finalmente quel di loro che rimanesse vincitore l'affliggerebbe tutta con piú acerba e piú atroce servitú.
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