Mossosi adunque Fois da Brescia, venne al Finale, ove poiché per alcuni dí fu soggiornato per fare massa di vettovaglie le quali si conducevano di Lombardia, e per raccorre tutte le genti che il re aveva in Italia, eccetto quelle che per necessità rimanevano alla guardia delle terre, impedito ancora da' tempi molto piovosi, venne a San Giorgio nel bolognese: nel quale luogo gli sopravennono, mandati di nuovo di Francia, tremila fanti guasconi mille venturieri e mille piccardi, eletti fanti e appresso a franzesi di nome grande: di maniera che in tutto, secondo il numero vero, erano seco cinquemila fanti tedeschi cinquemila guasconi e ottomila parte italiani parte del reame di Francia, e mille secento lancie, computando in questo numero i dugento gentiluomini. A questo esercito si doveva congiugnere il duca di Ferrara, con cento uomini d'arme dugento cavalli leggieri e con apparato copioso di ottime artiglierie: perché Fois, impedito a condurre le sue per terra dalla difficoltà delle strade, l'aveva lasciate al Finale. Veniva medesimamente nell'esercito il cardinale di San Severino, diputato legato di Bologna dal concilio, cardinale feroce e piú inclinato all'armi che agli esercizi o pensieri sacerdotali. Ordinate in questo modo le cose si indirizzò contro agli inimici, ardente di desiderio di combattere cosí per i comandamenti del re, che ogni dí piú lo stimolava, come per la ferocia naturale del suo spirito e per la cupidità della gloria, accesa piú per la felicità de' successi passati; non perciò traportato tanto da questo ardore che avesse nell'animo di assaltargli temerariamente, ma appropinquandosi a' loro alloggiamenti tentare se spontaneamente venissino alla battaglia in luogo dove la qualità del sito non facesse inferiori le sue condizioni, o veramente, con impedire le vettovaglie, ridurgli a necessità di combattere.
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