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      Cosí stette immobile l'uno esercito e l'altro per spazio di piú di due ore; tirando in questo tempo da ogni parte infiniti colpi d'artiglierie, dalle quali pativano non poco i fanti de' franzesi per avere il Navarra piantato l'artiglieria in luogo che molto gli offendeva. Ma il duca di Ferrara, tirata dietro all'esercito una parte dell'artiglierie, le condusse con celerità grande alla punta de' franzesi, nel luogo proprio dove erano collocati gli arcieri: la quale punta, per avere l'esercito forma curva, era quasi alle spalle degli inimici: donde cominciò a battergli per fianco ferocemente, e con grandissimo danno, massime della cavalleria, perché i fanti spagnuoli, ritirati dal Navarra in luogo basso accanto all'argine del fiume e gittatisi per suo comandamento distesi in terra, non potevano essere percossi. Gridava con alta voce Fabbrizio, e con spessissime imbasciate importunava il viceré, che senza aspettare di essere consumati da' colpi delle artiglierie si uscisse alla battaglia; ma ripugnava il Navarra, mosso da perversa ambizione, perché presupponendosi dovere per la virtú de' fanti spagnuoli rimanere vittorioso, quando bene fussino periti tutti gli altri, riputava tanto augumentarsi la gloria sua quanto piú cresceva il danno dell'esercito. Ma era già tale il danno che nella gente d'arme e ne' cavalli leggieri faceva l'artiglieria che piú non si poteva sostenere; e si vedevano, con miserabile spettacolo mescolato con gridi orribili, ora cadere per terra morti i soldati e i cavalli ora balzare per aria le teste e le braccia spiccate dal resto del corpo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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