E si aggiunse che il duca d'Urbino, quel che lo movesse, mutato consiglio, gli mandò a offerire dugento uomini d'arme e quattromila fanti. Perseveravano nondimeno i cardinali a stimolarlo alla pace: dalla quale benché con le parole non si dimostrasse alieno, aveva nondimeno nell'[animo di non l']accettare se non per ultimo e disperato rimedio; anzi, quando bene al male presente non si dimostrasse medicina presente, aderiva piú tosto al fuggire di Roma, pure che non rimanesse al tutto disperato che e dall'armi de' príncipi avesse a essere aiutata la causa sua e specialmente che i svizzeri si movessino; i quali, dimostrandosi inclinati a' suoi desideri, aveano molti dí innanzi vietato agli imbasciadori del re di Francia di andare al luogo nel quale, per determinare sopra le dimande del pontefice, convenivano i deputati da tutti i cantoni.
Lampeggiò in questo stato alcuna speranza della pace. Perché il re di Francia, innanzi si facesse la giornata, commosso da tanti pericoli che gli soprastavano da tante parti e sdegnato dalla varietà di Cesare e dalle dure leggi gli proponeva, e perciò finalmente deliberato di cedere piú tosto in molte cose alla volontà del pontefice, aveva occultamente mandato Fabrizio Carretta fratello del cardinale del Finale a' cardinali di Nantes e di Strigonia, che mai del tutto avevano abbandonati i ragionamenti della concordia, proponendo essere contento che Bologna si rendesse al pontefice, che Alfonso da Esti gli desse Lugo e tutte l'altre terre teneva nella Romagna, obligassesi al censo antico e che piú non si facessino sali nelle sue terre, e che si estinguesse il concilio pisano; non dimandando dal pontefice altro che la pace solamente con lui, che Alfonso da Esti fusse assoluto dalle censure e reintegrato nelle antiche ragioni e privilegi suoi, che a' Bentivogli, i quali stessino in esilio, fussino riservati i beni propri, e restituiti alle degnità i cardinali e prelati che aveano aderito al concilio: le quali condizioni, benché i due cardinali temessino che essendo di poi succeduta la vittoria non fussino piú consentite dal re, né ardirono proporle in altra maniera, né egli, essendo tanto onorate per lui, né volendo ancora manifestare quella occulta deliberazione che aveva nell'animo, potette recusarle; anzi forse giudicò essere piú utile ingegnarsi di fermare con questi ragionamenti l'armi del re, per avere maggiore spazio di tempo a vedere i progressi di coloro ne’ quali si collocavano le reliquie delle speranze sue.
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