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      Però, facendo del medesimo instanza tutti i cardinali, sottoscrisse, il nono dí dalla giornata, questi capitoli, aggiugnendo a' cardinali la fede di accettargli se il re gli confermava; e al cardinale del Finale, che dimorava in Francia, ma assente, per non offendere il pontefice, dalla corte, e al vescovo di Tivoli, il quale teneva in Avignone il luogo del legato, commesse per lettere si trasferissino al re per trattare queste cose; ma non espedí loro né mandato né possanza di conchiuderle.
      Insino a questo termine procedettono i mali del pontefice, insino a questo dí fu il colmo delle sue calamità e de' suoi pericoli: ma dopo quel dí cominciorno a dimostrarsi continuamente le speranze maggiori, e a volgersi alla grandezza sua, senza alcuno freno, la ruota della fortuna. Dette principio a tanta mutazione la partita subita del la Palissa di Romagna; il quale, richiamato dal generale di Normandia per il romore che cresceva della venuta de' svizzeri, si mosse coll'esercito verso il ducato di Milano, lasciati in Romagna, sotto il legato del concilio, trecento lancie trecento cavalli leggieri e seimila fanti con otto pezzi grossi di artiglieria: e rendeva maggiore il timore che s'aveva de' svizzeri che il medesimo generale, pensando piú a farsi grato al re che a fargli beneficio, aveva, contro a quel che ricercavano le cose presenti, licenziati imprudentemente, subito che fu acquistata la vittoria, i fanti italiani e una parte de' franzesi. La partita del la Palissa assicurò il pontefice da quel timore che piú gli premeva, confermollo nella pertinacia e gli dette facilità di fermare le cose di Roma; per le quali aveva soldati alcuni baroni di Roma con trecento uomini d'arme, e trattava di fare capitano generale Prospero Colonna: perché, indeboliti gli animi di chi tentava cose nuove, Pompeio Colonna che si preparava a Montefortino consentí, interponendosene Prospero, di diporre, per sicurtà del pontefice, in mano di Marcantonio Colonna Montefortino, ritenendosi bruttamente i danari avuti dal re di Francia; onde e Ruberto Orsino, che prima era venuto da Pitigliano nelle terre de' Colonnesi per muovere l'armi, ritenendosi medesimamente i danari avuti dal re, concordò poco poi per mezzo di Giulio Orsino, ricevuto dal pontefice in premio della sua perfidia l'arcivescovado di Reggio nella Calavria.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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