Vennono i svizzeri, come furno congregati, da Coira a Trento; avendo conceduto loro Cesare che passassino per il suo stato: il quale, ingegnandosi di coprire al re di Francia quanto poteva quel che già avea deliberato, affermava non poteva per la confederazione che avea con loro vietare il passo. Da Trento vennono nel veronese dove gli aspettava l'esercito de' viniziani, i quali concorrevano insieme col pontefice agli stipendi loro: e con tutto non vi fusse tanta quantità di danari che bastasse a pagargli tutti, perché erano, oltre al numero dimandato, piú di seimila, era tanto ardente l'odio della moltitudine contro al re di Francia che contro alla loro consuetudine tolleravano pazientemente tutte le difficoltà. Dall'altra parte, la Palissa era venuto prima coll'esercito a Pontoglio per impedire il passo, credendo volessino scendere in Italia da quella parte; dipoi, veduto altra essere la loro intenzione, si era fermato a Castiglione dello Striviere, terra vicina a sei miglia a Peschiera: incerti quali fussino i pensieri de' svizzeri, o di andare come si divulgava verso Ferrara o di assaltare il ducato di Milano. La quale incertitudine accelerò forse i mali che sopravennero, perché non si dubita che arebbono seguitato il cammino verso il ferrarese se non gli avesse fatto mutare consiglio una lettera intercetta, per mala sorte de' franzesi, dagli stradiotti de' viniziani; per la quale la Palissa, significando lo stato delle cose al generale di Normandia rimasto a Milano, dimostrava essere molto difficile il resistere loro se si volgessino a quel [cammino]: sopra la quale lettera consultato insieme il cardinale sedunense, che era venuto da Vinegia, e i capitani deliberorono, con ragione che rare volte è fallace, volgersi a quella impresa la quale comprendevano essere piú molesta agli inimici.
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