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      Lib.11, cap.1
     
      Vane trattative, a Roma, fra il pontefice e il duca di Ferrara. Il duca con l'aiuto dei Colonna abbandona Roma. Milizie fiorentine svaligiate da soldati veneziani. Scacco dei francesi alla villa di Paterna. Difficili condizioni del regno di Francia assalito dagli inglesi.
     
      Rimaneva al pontefice, poi che nelle maggiori sue avversità e pericoli ebbe, con successo non sperato, ottenuta la vittoria degli inimici e ricuperato e ampliato il dominio della Chiesa, l'antica cupidità della città di Ferrara, la quale era stata la prima materia di tanto incendio: contro alla quale benché ardentemente desiderasse di volgere l'armi, nondimeno, o parendogli piú facile la via della concordia che della guerra o sperando piú nelle arti occulte che nell'opere aperte, prestò l'orecchie prima al marchese di Mantua, che lo supplicava a concedere ad Alfonso da Esti che andasse a dimandargli venia a Roma per riceverlo con qualche onesta condizione nella sua grazia, dipoi all'oratore del re d'Aragona, che pregava per lui come per parente del suo re (era Alfonso nato di una figliuola di Ferdinando vecchio re di Napoli), e perché alle cose del re era piú a proposito l'obligarselo con tanto beneficio che permettere che alla grandezza della Chiesa si aggiugnesse anche quello stato. Affaticavansi medesimamente i Colonnesi, divenuti amicissimi di Alfonso, perché, avendo il re di Francia dopo la giornata di Ravenna dimandatogli Fabrizio Colonna suo prigione, aveva, prima negando dipoi interponendo varie scuse, differito tanto a concederlo, che per la mutazione succeduta delle cose, era stato in potestà sua rendergli gratissimamente e senza alcuno peso la libertà. Andò adunque Alfonso a Roma, ottenuto salvocondotto dal pontefice, e per maggiore sicurtà la fede datagli, col consentimento del pontefice, in nome del re d'Aragona dal suo oratore, d'andare e ritornare sicuramente: dove poi che fu pervenuto, avendo il pontefice sospese le censure, ammesso nel concistorio, dimandò umilmente perdonanza; supplicando con la medesima sommissione di essere reintegrato nella sua grazia e della sedia apostolica, e offerendo volere continuamente fare tutte quelle opere che appartenevano a fedelissimo feudatario e vassallo della Chiesa.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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