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      Venivano similmente in considerazione le cose de' fiorentini, i quali pieni di sospetto cominciavano a sentire i frutti della neutralità usata improvidamente, e a conoscere non essere sufficiente presidio l'abbondare la giustizia della causa dove era mancata la prudenza. Perché nella presente guerra non aveano offeso i collegati, né prestato al re di Francia aiuto alcuno se non quanto erano tenuti alla difesa del ducato di Milano per la confederazione fatta comunemente col re cattolico e con lui; non aveano permesso fussino molestati nel dominio loro i soldati spagnuoli fuggiti della battaglia di Ravenna (della qual cosa il re d'Aragona proprio aveva rendute grazie all'imbasciadore fiorentino), anzi aveano interamente adempiuto co' fatti le sue dimande: perché, poi che partí il concilio da Pisa, e i ministri suoi in Italia e il re medesimo aveva offerto allo imbasciadore di obligarsi a difendere la loro republica contro a ciascuno, pure che si promettesse non difendere Bologna non muovere l'armi contro alla Chiesa né dare favore al conciliabolo pisano. Ma essi, impediti dalle discordie civili a eleggere la parte migliore, né si accompagnorno col re di Francia, alle cose del quale arebbono giovato sommamente, e la neutralità, di giorno in giorno e con consigli ambigui e interrotti, osservando ma non mai unitamente deliberando né di volerla osservare dichiarando, offesono non mediocremente l'animo del re di Francia il quale da principio si prometteva molto di loro, l'odio del pontefice non mitigorno, e al re d'Aragona lasciorno senza averne alcun ricompenso godere il frutto della loro neutralità, il quale per ottenere arebbe cupidamente convenuto con loro.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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