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      Affaticavasene quanto poteva il pontefice, ora confortandogli ora pregandogli ora minacciandogli; desideroso, come prima, per il bene publico di Italia, della conservazione de' viniziani, e perché sperava potere cogli aiuti loro, senza l'armi spagnuole, espugnare Ferrara. Affaticavansene gli imbasciadori del re d'Aragona, temendo che con pericolo comune non si desse causa a' viniziani di rivolgere l'animo a riunirsi col re di Francia; ma erano necessitati procedere cautamente per non provocare Cesare a fare unione co' franzesi, la quale il loro re aveva con tanta fatica separata, e perché per altre cagioni non voleva partirsi dalla amicizia sua. Affaticavansene gli imbasciadori de' svizzeri perché, obligati a difendere i viniziani convenuti a pagare loro, per questo, ciascuno anno venticinquemila ducati, desideravano non venire in necessità o di non osservare le promesse o di opporsi a Cesare in caso gli assaltasse. Finalmente, non si potendo rimuovere Gurgense dalla dimanda di riavere Vicenza né disporre i viniziani a darla, discordando ancora nelle quantità de' danari, il pontefice, il quale sopratutto desiderava, per estinguere il nome e l'autorità del conciliabolo pisano, che Cesare approvasse il concilio lateranense, protestò agli oratori loro che sarebbe costretto a perseguitare quella republica con l'armi spirituali e temporali; il quale protesto non gli movendo, venne alla confederazione con Cesare solo, perché l'oratore spagnuolo recusò di intervenirvi, o non avendo commissione dal suo re o perché quel re, ancora che avesse in animo di aiutare Cesare, cercasse di potere nutrire con qualche speranza i viniziani.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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