Seguita l'anno mille cinquecento tredici, non meno pieno di cose memorabili che l'anno precedente. Nel principio del quale, cessando l'armi da ogni parte, perché né i viniziani molestavano altri né alcuno si moveva contro a loro, il viceré andato con tremila fanti a campo alla rocca di Trezzo l'ottenne, con patto che con le cose loro partissino salvi quegli che vi erano dentro. Ma premevano gli animi di tutti i pensieri delle cose future, sapendosi che il re di Francia, essendo liberato dalle armi forestiere il regno suo, e preso animo dall'avere soldato molti fanti tedeschi e accresciuto non poco il numero dell'ordinanza delle lancie, niuna altra cosa piú pensava che alla recuperazione del ducato di Milano: la quale disposizione benché nel re fusse ardentissima, e desiderasse sommamente accelerare la guerra mentre che le castella di Milano e di Cremona si tenevano ancora per lui, nondimeno, considerando quanta difficoltà gli facesse l'opposizione di tanti inimici, né sicuro che la state prossima non l'assaltasse con apparati grandissimi il re d'Inghilterra, deliberava non muovere cosa alcuna se o non separava dall'unione comune qualcuno de' confederati o non si congiugnesse co' viniziani. Delle quali cose che qualcuna potesse succedere se gli erano, insino l'anno precedente, presentate varie speranze. Perché il vescovo Gurgense, quando da Roma andava a Milano, udito benignamente nel cammino uno familiare del cardinale di San Severino, mandatogli in nome della reina di Francia, aveva dipoi mandato secretamente in Francia uno de' suoi, proponendo che il re s'obligasse ad aiutare Cesare contro a' viniziani, contraessesi il matrimonio tra la seconda figliuola del re con Carlo nipote di Cesare, alla quale si desse in dote il ducato di Milano; cedesse il re alla figliuola e al futuro genero le ragioni le quali pretendeva avere al regno di Napoli, e perché la sicurtà di Cesare non fussino le semplici parole e promesse, che di presente venisse in potestà sua la sposa; e che ricuperato che avesse il re il ducato di Milano fussino tenute da Cesare Cremona e la Ghiaradadda.
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