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      E nondimeno, come se in potestà sua fusse percuotere in un tempo medesimo tutto il mondo, continuando nel solito ardore contro al re di Francia, con tutto che avesse udito uno messo della reina, concitava il re di Inghilterra alla guerra; al quale aveva ordinato che, per decreto del concilio lateranense, si trasferisse il nome del re cristianissimo; sopra la qual cosa era già scritta una bolla, contenendosi in essa medesimamente la privazione dalla degnità e dal titolo di re di Francia, concedendo quel regno a qualunque lo occupasse. In questi tali e tanti pensieri, e forse ancora in altri piú occulti e maggiori (perché nello animo tanto feroce non era incredibile concetto alcuno quantunque vasto e smisurato), l'oppresse, dopo infermità di molti giorni, la morte. Dalla quale sentendosi prevenire, fatto chiamare il concistorio, al quale per la infermità non poteva intervenire personalmente, fece confermare la bolla publicata prima da lui contro a chi ascendesse al pontificato per simonia, e dichiarare la elezione del successore appartenere al collegio de' cardinali e non al concilio, e che i cardinali scismatici non vi potessino intervenire: a' quali disse che perdonava l'ingiurie fatte a sé, e che pregava Dio che perdonasse loro le ingiurie fatte alla sua Chiesa. Supplicò poi al collegio de' cardinali che, per fare cosa grata a sé, concedessino la città di Pesero in vicariato al duca di Urbino; ricordando che per opera principalmente di quel duca era stata, alla morte di Giovanni Sforza, ricuperata alla Chiesa.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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