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      Ma già tumultuava tutto il paese: il conte di Musocco figliuolo di Giaiacopo era, non si opponendo alcuno, entrato in Asti e poi in Alessandria; i franzesi, partiti da Susa, si facevano innanzi; il duca di Milano, non essendo stato a tempo a entrare in Alessandria, si uní co' svizzeri appresso a Tortona; ove essendo stato significato loro apertamente dal viceré che aveva deliberato di partirsi, se ne andorono a Novara. I milanesi, alla fama della partita del viceré, mandorono imbasciadori a Novara a scusarsi con lui se, non avendo chi gli difendesse, per fuggire gli ultimi mali convenissino co' franzesi; il quale dimostrò di accettare benignamente la loro escusazione, anzi gli commendò che alla salute della patria comune pietosamente pensassino. In sulla quale occasione Sacramoro Visconte, deputato all'assedio del castello, rivoltatosi alla fortuna de' franzesi, vi messe dentro vettovaglie.
      Partí adunque il viceré dalla Trebbia con tutto l'esercito, nel quale erano mille dugento uomini d'arme e ottomila fanti, per ritornarsene nel reame, come disperate le cose di Lombardia, e però pensando solamente alla salvazione dell'esercito: ma il dí medesimo, mentre che camminava, ricevute tra Piacenza e Firenzuola lettere da Roma, voltate subitamente le insegne, tornò nel medesimo alloggiamento. La cagione fu che il pontefice, al quale erano state quasi ne' dí medesimi restituite Piacenza e Parma, deliberato di tentare se per mezzo de' svizzeri si potesse difendere il ducato di Milano, dette occultissimamente a Ieronimo Morone, imbasciadore del duca appresso a sé, quarantaduemila ducati per mandare a' svizzeri; ma sotto nome, se pure pervenisse a notizia di altri, che ventimila fussino per conto delle pensioni, ventiduemila per quello che i tre cantoni pretendevano dovere avere dallo antecessore, il quale aveva sempre ricusato di pagargli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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