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      Ma il dí seguente entrorno in Verona, per il fiume dell'Adice, cinquecento fanti tedeschi; ed essendo venuto a luce quel che dentro si trattava, l'Alviano, perduta la speranza di ottenerla, deliberò, contro all'autorità del proveditore veneto, di andare verso il fiume del Po, per impedire gli spagnuoli o, secondo i progressi delle cose, unirsi co' franzesi. Né significò questa deliberazione al senato se non poi che, per uno alloggiamento, si fu discostato da Verona: perché, con tutto che allegasse dependere interamente la somma del tutto da quel che succederebbe del ducato di Milano e, procedendo in quello avversamente a' franzesi le cose, vano essere e non durabile ciò che in altro luogo si tentasse o ottenesse, e però doversi quanto era possibile aiutare quivi la vittoria del re di Francia, nondimeno temeva, né vanamente, che il senato non contradicesse, non tanto per desiderio che prima s'attendesse alla recuperazione di Verona e di Brescia quanto perché alcuni degli altri condottieri dannavano il passare il fiume del Mincio, se prima de' progressi de' franzesi non s'aveva piú particolare notizia; dimostrando, se sopravenisse qualche sinistro, quanto sarebbe difficile il ritirarsi salvi, avendo a passare per il veronese e mantuano, paesi o sudditi o divoti a Cesare. Arrenderonsigli, impaurite da' suoi minacci, Valeggio e la terra di Peschiera: onde, spaventato, il castellano dette la rocca, ricevuta piccolissima quantità di danari per sé e per alcuni fanti tedeschi che vi erano dentro.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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