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      Lib.11, cap.14
     
      Indecisioni dei tedeschi; fortunata impresa di Renzo da Ceri. Propositi degli Adorni e del duca di Milano di mutare il governo in Genova passata, dopo Novara, sotto l'influenza spagnuola. Fallita impresa di tedeschi e di spagnuoli contro Padova. Fazioni di guerra nei territori di Bergamo e di Crema. Azioni di tedeschi di spagnuoli e di soldati del pontefice contro Venezia.
     
      Soggiornava il viceré a Montagnana, non determinato ancora quello s'avesse a fare; perché erano alti i concetti de' tedeschi, difficili le imprese, che sole rimanevano a fare, o di Padova o di Trevigi, e le forze molto inferiori alle difficoltà, perché in tutto l'esercito non erano oltre a mille uomini d'arme non molti cavalli leggieri e diecimila fanti tra spagnuoli e tedeschi: la quale deliberazione avendosi finalmente a referire alla volontà del vescovo Gurgense, che fra pochi dí doveva essere all'esercito, s'aspettava la sua venuta. Nel qual tempo essendo in Bergamo un commissario spagnuolo che riscoteva la taglia di venticinquemila ducati, imposta a quella città quando si arrendé al viceré, Renzo da Ceri vi mandò da Crema una parte de' suoi soldati; i quali entrativi di notte con aiuto di alcuni della terra, preso il commissario con quella parte di danari che aveva riscossi, se ne ritornorno a Crema.
      Fecesi similmente, in questi medesimi dí, preparazione per turbare di nuovo le cose di Genova; essendo conformi a questo le volontà del duca di Milano e de' svizzeri. A' quali ricorsi Antoniotto e Ieronimo Adorni, avevano ricordato al duca la dipendenza che i padri loro aveano avuta con Lodovico suo padre, che con le spalle degli Adorni aveva recuperato e tenuto molti anni quieto il dominio di Genova, del quale era stato fraudolentemente spogliato da' dogi Fregosi; e avere gli Adorni partecipato della mala fortuna degli Sforzeschi, perché nel tempo medesimo che Lodovico avea perduto il ducato di Milano erano stati gli Adorni cacciati di Genova, però essere conveniente che similmente partecipassino della buona: durare la medesima benivolenza, la medesima fede; né dovere essere imputati se, non uditi in luogo alcuno abbandonati d'ogni speranza, erano, non spontaneamente ma per necessità, ricorsi a quel re dal quale prima erano stati scacciati.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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