Dissiporonsi i fanti in diversi luoghi; degli uomini d'arme fuggí una parte alla montagna, una parte si salvò in Padova e in Trevigi, dove anche rifuggirono l'Alviano e il Gritti. Furno ammazzati Francesco Calzone, Antonio Pio capitano vecchio, insieme con Gostanzo suo figliuolo, Meleagro da Furlí e Luigi da Palma, e poco meno che morto Paolo da Santo Angelo, il quale si salvò pieno di ferite. Presi Giampaolo Baglione e Giulio figliuolo di Giampaolo Manfrone, Malatesta da Sogliano e molti altri capitani e uomini onorati; e con peggiore fortuna il proveditore Loredano, perché combattendosi tra due soldati di qual di loro dovesse essere prigione, uno di essi bestialmente l'ammazzò. Rimasono in tutto, fra morti e presi, circa quattrocento uomini d'arme e quattromila fanti, perché a molti fu impedito il fuggire dalla palude: e fece nella fuga, il danno maggiore che Teodoro da Triulzi, chiuse le porte di Vicenza, acciò che i vinti e i vincitori alla mescolata non vi entrassino, non vi ammesse alcuno; onde molti, mettendosi a passare, annegorno nel fiume vicino, e tra questi Ermes Bentivoglio e Sacramoro Visconte. Questa fu la rotta che ricevettono, il settimo dí d'ottobre, i viniziani appresso a Vicenza; memorabile per l'esempio che dette a' capitani che ne' fatti d'arme non confidassino de' fanti italiani non esperimentati alle battaglie stabili, e perché, quasi in uno istante di tempo, andò la vittoria a coloro che aveano piccolissima speranza di salute: la quale arebbe messo in pericolo o Trevigi o Padova, benché in questa l'Alviano in quello il Gritti si fussino rifuggiti con le reliquie dell'esercito; ma ripugnava, oltre alla fortezza delle terre
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