Apparirono anche in Toscana princípi di nuovi scandoli: perché i fiorentini cominciorno a molestare i lucchesi, confidandosi che per timore del pontefice ricomprerebbono la pace con la restituzione di Pietrasanta e di Mutrone, e allegando non essere conveniente godessino il beneficio di quella confederazione, la quale, prestando occultamente aiuto a' pisani, aveano violata. Della qual cosa querelandosi i lucchesi col pontefice e col re cattolico, in cui protezione erano, e non vedendo resultarne alcuno rimedio, furno contenti finalmente, per fuggire i maggiori mali, farne compromesso nel pontefice; il quale, avuta similmente autorità da' fiorentini, pronunziò che i lucchesi, i quali prima aveano restituita al duca di Ferrara la Garfagnana, lasciassino quelle terre a' fiorentini, e che tra loro fusse in perpetuo pace e confederazione.
Alla fine di questo anno, le castella di Milano e di Cremona, avendo prima, perché cominciavano a mancare le vettovaglie, patteggiato di arrendersi se infra certo tempo non erano soccorse, vennono in potestà del duca di Milano; il quale in quello di Milano messe a guardia parte fanti italiani parte svizzeri. Né altro si teneva piú per il re di Francia in Italia che la Lanterna di Genova; la quale i genovesi tentorno, nella fine dell'anno medesimo, di gittare in terra colle mine, accostandosi a quella con uno puntone di legname lungo trenta braccia e largo venti, capace di trecento uomini, fasciato tutto, per resistere a' colpi delle artiglierie, di balle di lana: cosa di grande artificio e invenzione, ma che tentata, come fanno spesso simili macchine, non succedette.
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