Però, per mezzo del cardinale San Severino, che nella corte di Roma trattava le cose del re di Francia, aveva proposto al re che, poi che i tempi non pativano che tra loro si facesse maggiore e piú palese congiunzione, che almanco si facesse uno principio e uno fondamento in sul quale si potesse sperare aversi a fare altra volta strettissima intelligenza; e aveva mandato la minuta de' capitoli: alla quale pratica il re di Francia, ancorché dimostrasse gli fusse grata, non avendo fatto risposta sí presto, ché tardò quindici dí a risolversi, o per altre occupazioni o perché aspettasse d'altro luogo qualche risposta per governarsi secondo i progressi delle cose, il pontefice fece nuova capitolazione con Cesare e col re cattolico per uno anno, nella quale non si conteneva però altro che la difesa degli stati comuni: avendo prima il re cattolico non vanamente sospettato che egli aspirasse al regno di Napoli per Giuliano suo fratello, sopra che aveva già avuto qualche pratica co' viniziani. Né l'aveva ancora quasi conchiusa che sopravenne la risposta del re di Francia, per la quale approvava tutto quello che aveva proposto il pontefice; aggiugnendovi solamente che, poi che egli si aveva a obligare alla protezione de' fiorentini, di Giuliano suo fratello e di Lorenzo de' Medici suo nipote, il quale il papa aveva preposto alla amministrazione delle cose di Firenze, voleva che anche essi reciprocamente si obligassino alla difesa sua: la quale ricevuta, il pontefice si scusò essersi ristretto con Cesare e col re cattolico, perché, vedendo differirsi tanto a rispondere a una dimanda tanto conveniente, non aveva potuto fare non entrasse in qualche dubitazione; e nondimeno averla fatta per breve tempo, né contenersi in quella cose pregiudiziali a lui né impedirgli la perfezione della pratica cominciata tra loro.
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