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      Nondimeno, non si imprimeva il medesimo negli animi di Cesare e del re d'Aragona; a' quali era sospetta la gioventú del re, la facilità che aveva, sopra il consueto degli altri re, di valersi di tutte le forze del regno di Francia, nel quale aveva tanta grazia con tanta estimazione: ed erano note le preparazioni grandi che aveva lasciate il re Luigi, per le quali, poi che era assicurato del re di Inghilterra, non pareva che di nuovo deliberasse la guerra ma piú tosto che continuasse la deliberazione già fatta; perciò, per non essere oppressi allo improviso, facevano instanza di confederarsi col pontefice e co' svizzeri. Ma il pontefice, usando con ciascuna delle parti benigne parole e ingegnandosi di nutrire tutti con varie speranze, differiva per ancora il fare alcuna certa dichiarazione. Ne' svizzeri non solo continuava ma accresceva continuamente l'ardore di prima; essendosi le cagioni cominciate da' dolori publici, per lo augumento delle pensioni negato, per l'avere il re Luigi chiamato agli stipendi suoi i fanti tedeschi, per le parole ingiuriose e piene di dispregio usate contro alla nazione, augumentate da' dolori dispiaceri e cupidità private, per l'invidia che aveva la moltitudine a molti privati, i quali ricevevano doni e pensioni dal re di Francia, e perché quegli che piú ardentemente si erano opposti a' principali di coloro che seguitavano l'amicizia franzese, chiamati allora volgarmente i gallizzanti, saliti per questo col favore della plebe in riputazione e grandezza, temevano si diminuisse la loro autorità se di nuovo la republica si ricongiugnesse co' franzesi: di maniera che, non si consultando e disputando col zelo publico ma con l'ambizione e dissensioni civili, questi, prevalendo di credito a' gallizzanti, ottenevano che si recusassino l'offerte grandissime, anzi smisurate, del re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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