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      Nutriva questa ambiguità il pontefice, dando parole grate e dimostrando ottima intenzione a quegli che intercedevano per il re, ma senza effetto di alcuna conclusione, come quello nel quale prevaleva a tutti gli altri rispetti il desiderio che il ducato di Milano non fusse piú posseduto da príncipi forestieri. Però il re, desiderando di certificarsi della sua mente, mandò a lui nuovi imbasciadori; tra' quali fu Guglielmo Budeo parigino, uomo nelle lettere umane, cosí greche come latine, di somma e forse unica erudizione tra tutti gli uomini de' tempi nostri. Dopo i quali mandò Antonio Maria Palavicino, uomo grato al pontefice. Ma erano vane queste fatiche, perché già innanzi alla venuta sua aveva occultissimamente, insino del mese di luglio, convenuto cogli altri alla difesa dello stato di Milano: ma volendo che questa deliberazione stesse secretissima insino a tanto che la necessità delle cose lo costrignesse a dichiararsi, e desiderando oltre a questo publicarla con qualche scusa, ora dimandava che il re consentisse che la Chiesa si ritenesse Parma e Piacenza, ora faceva altre petizioni acciò che, essendogli negata qualcuna delle cose dimandate, paresse che la necessità piú che la volontà lo inducesse a unirsi con gli inimici del re, ora, diffidandosi che il re gli negasse cosa alcuna di quelle che non al tutto senza colore d'onestà poteva proporre, faceva risposte varie, ambigue e irresolute.
      Ma erano usate seco da altri delle medesime arti e astuzie. Perché Ottaviano Fregoso doge di Genova, temendo degli apparati potentissimi del re di Francia e avendo da altra parte sospetta la vittoria de' confederati per l'inclinazione del duca di Milano e de' svizzeri agli avversari suoi, si era per mezzo del duca di Borbone convenuto secretissimamente col re di Francia, avendo, e mentre trattava e poi che convenne, affermato sempre costantissimamente il contrario al pontefice; il quale, per essere Ottaviano congiuntissimo di antica benivolenza a lui e a Giuliano suo fratello, e stato favorito da loro nel farsi doge di Genova, gliene prestò tale fede che, avendo il duca di Milano insospettito da questa fama disposto di assaltarlo con quattromila svizzeri, che già erano condotti a Novara, e con gli Adorni e Fieschi, il pontefice fu operatore che non si procedesse piú oltre.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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