Andasse e vincesse gli inimici, presupponendo che Milano, acquistata che egli avesse la campagna, fusse prontissimamente per riceverlo. Alla qual cosa il re, che era prima molto sdegnato del non avere accettato il Triulzio, raccoltigli lietamente, rispose essere contento compiacergli delle dimande loro.
Andò da Bufaloro il re con l'esercito a Biagrassa; dove mentre che stava, il duca di Savoia, avendo uditi venti imbasciadori de' svizzeri mandati a lui a Vercelli, andato poi, seguitandolo il bastardo e gli altri deputati dal re, a Galera, contrasse la pace in nome del re co' svizzeri, con queste condizioni: fusse tra il re di Francia e la nazione de' svizzeri pace perpetua, durante la vita del re e dieci anni dopo la morte; restituissino i svizzeri e i grigioni le valli che avevano occupate appartenenti al ducato di Milano; liberassino quello stato dalla obligazione di pagare ciascuno anno la pensione de' quarantamila ducati; desse il re a Massimiliano Sforza il ducato di Nemors, pensione annua di dodicimila franchi, condotta di cinquanta lancie e moglie del sangue reale; restituisse a' svizzeri la pensione antica di quarantamila franchi; pagasse lo stipendio di tre mesi a tutti i svizzeri che allora erano in Lombardia o nel cammino per venirvi; pagasse a' cantoni, con comodità di tempi, quattrocentomila scudi promessi nello accordo di Digiuno e trecento altri mila per la restituzione delle valli; tenessene continuamente a' soldi suoi quattromila: nominati con consentimento comune il pontefice, in caso restituisse Parma e Piacenza, lo imperadore, il duca di Savoia e il marchese di Monferrato; non fatta menzione alcuna del re cattolico né de' viniziani né di alcuno altro italiano.
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