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      Da altra parte Bartolomeo d'Alviano, il quale avea data speranza al re di tenere di maniera occupato l'esercito spagnuolo che non arebbe facoltà di nuocergli, subito che intese la partita del viceré da Verona, partendosi del Polesine di Rovigo, passato l'Adice e camminando sempre appresso al Po, con novecento uomini d'arme mille quattrocento cavalli leggieri e nove [mila] fanti e col provedimento conveniente d'artiglierie, era venuto con grandissima celerità alle mura di Cremona: della quale celerità, insolita a' capitani de' tempi nostri, egli gloriandosi, soleva agguagliarla alla celerità di Claudio Nerone quando, per opporsi ad Asdrubale, condusse parte dell'esercito espedito in sul fiume del Metauro.
      Cosí non solo era vario ma confuso e implicato molto lo stato della guerra. Vicini a Milano, da una parte il re di Francia con esercito instruttissimo di ogni cosa, il quale era venuto a Marignano per dare all'Alviano facilità di unirsi seco, alle genti ecclesiastiche e spagnuole difficoltà di unirsi con gli inimici: dall'altra trentacinquemila svizzeri, fanteria piena di ferocia e insino a quel dí, in quanto a franzesi, invitta: il viceré in sul Po presso a Piacenza e in sulla strada propria che va a Lodi, e col ponte preparato a passare per andare a unirsi co' svizzeri; e in Piacenza, per congiugnersi seco al medesimo effetto, Lorenzo de' Medici con le genti del pontefice e de' fiorentini: l'Alviano, capitano sollecito e feroce, con l'esercito viniziano, in cremonese, quasi in sulla riva del Po, per aiutare, o con la unione o divertendo gli ecclesiastici e spagnuoli, il re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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