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      Ma mentre che il viceré dimora in sul fiume del Po, e innanzi che Lorenzo de' Medici giugnesse a Piacenza, fu preso da' suoi Cintio mandato dal pontefice al re di Francia; appresso al quale essendo trovati i brevi e le lettere credenziali, con tutto che per riverenza di chi lo mandava lo lasciasse subito passare, cominciò non mediocremente a dubitare che la speranza che gli era data, che l'esercito ecclesiastico unito seco passerebbe il fiume del Po, non fusse vana; tanto piú che, ne' medesimi dí, si era presentito che Lorenzo de' Medici avea mandato occultamente uno de' suoi al medesimo re. La qual cosa non era aliena dalla verità, perché Lorenzo, o per consiglio proprio o per comandamento del pontefice, avea mandato a scusarsi se contro a lui conduceva l'esercito, [stretto] dalla necessità che avea di ubbidire al papa; ma che in quello che potesse, senza provocarsi la indegnazione del zio e senza maculare l'onore proprio, farebbe ogni opera per sodisfargli, secondo che sempre era stato ed era piú che mai il suo desiderio.
      Ma come Lorenzo fu arrivato a Piacenza, si cominciò il dí medesimo, tra il viceré e lui e gli uomini che intervenivano a' consigli loro, a disputare se fusse da passare unitamente il fiume del Po per congiugnersi co' svizzeri, adducendosi per ciascuno diverse ragioni. Allegavano quegli che confortavano al passare, niuna ragione dissuadere l'entrare in Lodi, dove quando fussino si difficulterebbe all'Alviano di unirsi con lo esercito franzese e a loro si darebbe facoltà di unirsi con i svizzeri, o andando verso Milano a trovargli o essi venendo verso loro: e se pure i franzesi si riducessino, come era fama volevano fare, o fussino già ridotti in sulla strada tra Lodi e Milano, lo avere alle spalle questi eserciti congiunti gli metterebbe in travaglio e pericolo; e anche forse non sarebbe difficile, benché con circuito maggiore, trovare modo di congiugnersi con i svizzeri.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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