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      Con questa ferocia accostatisi agli alloggiamenti de' franzesi, non restando piú di due ore di quel dí, principiorono il fatto d'arme, assaltando con impeto incredibile le artiglierie e i ripari; col quale impeto, appena erano arrivati che avevano urtato e rotto le prime squadre e guadagnata una parte dell'artiglierie: ma facendosi loro incontro la cavalleria e una grande parte dello esercito, e il re medesimo cinto da uno valoroso squadrone di gentiluomini, essendo alquanto raffrenato tanto furore, si cominciò una ferocissima battaglia; la quale con vari eventi e con gravissimo danno delle genti d'arme franzesi, le quali furono piegate si continuò insino a quattro ore della notte, essendo già restati morti alcuni de' capitani franzesi, e il re medesimo percosso da molti colpi di picche. Quivi, non potendo piú né l'una né l'altra parte tenere per la stracchezza l'armi in mano, spiccatisi senza suono di trombe senza comandamento de' capitani, si messono i svizzeri ad alloggiare nel campo medesimo, non offendendo piú l'uno l'altro ma aspettando, come con tacita tregua, il prossimo sole; ma essendo stato tanto felice il primo assalto de' svizzeri, a' quali il cardinale fece, come furno riposati, condurre vettovaglie da Milano, che per tutta Italia corsono i cavallari a significare i svizzeri avere messo in fuga l'esercito degli inimici.
      Ma non consumò inutilmente il re quel che avanzava della notte; perché, conoscendo la grandezza del pericolo, attese a fare ritirare a' luoghi opportuni e a l'ordine debito l'artiglierie, a fare rimettere in ordinanza le battaglie de' lanzchenech e de' guasconi, e la cavalleria ai suoi squadroni.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Milano Italia