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      Con questa speranza Massimiliano Sforza, accompagnato da Giovanni da Gonzaga e da Ieronimo Morone e da alcuni altri gentiluomini milanesi, si rinchiuse nel castello, avendo consentito, benché non senza difficoltà, che Francesco duca di Bari suo fratello se ne andasse in Germania; e il cardinale sedunense andò a Cesare per sollecitare il soccorso, data la fede di ritornare innanzi passassino molti dí; e la città di Milano, abbandonata d'ogni presidio, si dette al re di Francia, convenuta di pagargli grandissima quantità di danari: il quale recusò di entrarvi mentre si teneva per gli inimici il castello, come se a re sia indegno entrare in una terra che non sia tutta in potestà sua. Fece il re, nel luogo nel quale aveva acquistato la vittoria, celebrare tre dí solenni messe, la prima per ringraziare Dio della vittoria, l'altra per supplicare per la salute de' morti nella battaglia, la terza per pregarlo che concedesse la pace; e nel luogo medesimo fece a perpetua memoria edificare una cappella. Seguitorno la fortuna della vittoria tutte le terre e le fortezze del ducato di Milano, eccetto il castello di Cremona e quello di Milano: alla espugnazione del quale essendo preposto Pietro Navarra, affermava (non senza ammirazione di tutti, essendo il castello fortissimo, abbondante di tutte le provisioni necessarie a difendersi e a tenersi, e dove erano dentro piú di dumila uomini da guerra) di espugnarlo in minore tempo d'uno mese.
     
     
      Lib.12, cap.16
     
      Accordi fra il pontefice ed il re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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