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      Fu anche in questo accordo che il re non pigliasse protezione di alcuno feudatario o suddito dello stato della Chiesa, né solo [non] vietare al pontefice come superiore loro il procedere contro a essi e il gastigargli, ma eziandio obligandosi, quando ne fusse ricercato, a dargli aiuto. Trattossi ancora che il pontefice e il re si abboccassino in qualche luogo comodo insieme, cosa proposta dal re ma desiderata dall'uno e dall'altro di loro: dal re, per stabilire meglio questa amicizia, per assicurare le cose degli amici che aveva in Italia, e perché sperava, con la presenza sua e con offerire stati grossi al fratello del pontefice e al nipote, ottenere di potere con suo consentimento assaltare, come ardentissimamente desiderava, il reame di Napoli; dal pontefice, per intrattenere con questo officio, o con la maniera sua efficacissima a conciliarsi gli animi degli uomini, il re mentre che era in tanta prosperità, nonostante che da molti fusse dannata tale deliberazione come indegna della maestà del pontificato, e come se convenisse che il re, volendo abboccarsi seco, andasse a trovarlo a Roma. Alla quale cosa egli affermava condiscendere per desiderio di indurre il re a non molestare il regno di Napoli durante la vita del re cattolico; la quale, per essere egli, già piú di uno anno, caduto in mala disposizione del corpo, era comune opinione avesse a essere breve.
      Travagliavasi in questo mezzo Pietro Navarra intorno al castello di Milano; e insignoritosi di una casamatta del fosso del castello per fianco verso porta Comasina, e accostatosi con gatti e travate al fosso e alla muraglia della fortezza, attendeva a fare la mina in quel luogo: e levate le difese ne cominciò poi piú altre; e tagliò con gli scarpelli, da uno fianco della fortezza, grande pezzo di muraglia e messela in su i puntelli, per farla cadere nel tempo medesimo che si desse fuoco alle mine.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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