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      E nondimeno Giampaolo, quando manco il pontefice aspettava questo, allegando in giustificazione sua che il popolo di Perugia, al quale non era in potestà sua di resistere, non voleva piú tollerare i danni che si facevano nel paese, convenne con quello esercito di pagare diecimila ducati, concedere vettovaglia per quattro dí, non pigliare arme contro a Francesco Maria in quella guerra, e che essi si uscissino subito del perugino: cosa molto molesta e ricevuta in sinistra parte dal pontefice, perché confermò la opinione insino da principio della guerra conceputa di lui, quando molto lentamente andò allo esercito con gli aiuti promessi, che per essergli sospetta la potenza di Lorenzo desiderasse che Francesco Maria si conservasse il ducato di Urbino; aggiugnendosi l'essergli stato molesto che, mentre stette nel campo appresso a Lorenzo, fusse stata molto maggiore l'autorità di Renzo e di Vitello che la sua. La memoria delle quali cose fu nel tempo seguente, per avventura, cagione in gran parte delle sue calamità.
      Convenuto Francesco Maria co' perugini, si voltò verso Città di Castello; dove avendo fatto qualche scorreria, con intenzione di entrare dalla parte del Borgo a San Sepolcro nel dominio fiorentino, il pericolo dello stato proprio lo indusse ad altra deliberazione. Perché il legato Bibbiena, avendo di nuovo soldato molti fanti italiani, seguitando la deliberazione fatta a Pesero, [si] era col resto dell'esercito accostato a Fossombrone: la quale città, battuta dalle artiglierie, fu il terzo dí espugnata e saccheggiata.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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